Come andare oltre le etichette che diamo alle persone e come possiamo conoscerle meglio per creare un circolo socialmente virtuoso
"Per quanto le correnti classiche della psicoterapia differiscano e siano spesso tra loro in contraddizione, esse hanno una ipotesi in comune: che i problemi si possano risolvere soltanto scoprendone le cause. Questo dogma è fondato sulla credenza in una causalità lineare e unidirezionale, che scorre dal passato al presente, e che a sua volta genera l’apparentemente ovvia necessità di raggiungere un insight sulle cause prima che possa avvenire un cambiamento. Permettetemi di fare un’osservazione per certi versi eretica: né nella mia vita personale (a dispetto di tre anni e mezzo di analisi in formazione) né nella mia successiva attività di analista junghiano, né nelle vite dei miei pazienti mi sono mai imbattuto in questo magico effetto dell’insight"
(P. Watzlawick - Guardarsi dentro rende ciechi)
Non sono psicologo, sono biologo, studioso del comportamento degli esseri viventi. E quindi è giusto che parli solo di sistemi viventi e non di aspetti psicologici umani. Eppure questi aspetti li vedo e li studio nella mia pratica quotidiana con gruppi di lavoro e singoli nelle sessioni di coaching, pur non avendo la pretesa di considerarmi un fine psicologo. D'altronde non posso fare a meno di prendere in prestito le parole del grande maestro Paul Watzlawick per introdurre un tema a me molto caro: creare un circolo virtuoso nelle relazioni tra le persone attraverso un sapiente uso della comunicazione.
Nel XX secolo abbiamo investito molto tempo e tantissime risorse in nome dell’introspezione. Si parte dal presupposto fuorviante che sia davvero utile conoscerci al meglio per sapere dove vogliamo andare e cosa vogliamo farne della nostra vita. Credo sia il momento di cambiare un po’ la strategia visto che quella appena scritta non sembra aver prodotto un’umanità più felice né, in media, vite migliori rispetto al passato.
Ecco perché penso che all’introspezione, debba affiancarsi la ”estrospezione”. È una parola che non esiste, l’ho inventata per evidenziare che è fondamentale favorire i nostri aspetti relazionali, la nostra parte di umanità, di comprensione verso i nostri simili.
Già, perché nessuno di noi è isolato in una realtà impermeabile agli altri. Dobbiamo capire (e fare pace con il fatto) che il nostro comportamento è costantemente influenzato da quello degli altri. E, che ci piaccia o no, anche noi influenziamo chi ci sta intorno.
Le basi dell’estrospezione
Siamo a nostro agio. La persona che sta davanti a noi si è aperta e ci racconta parti della sua vita in modo fluido e sereno. Anche noi ci sentiamo in tale confidenza da accogliere e da dare all’altro qualcosa della nostra sfera personale. È un dialogo che assomiglia a una danza, piena di armonia e di benessere… Che cosa è successo per far accadere tutto questo? Forse nulla in particolare. O forse moltissimo! Probabilmente entrambi le parti coinvolte nel dialogo hanno assaporato quello stato sublime che va sotto il nome di empatia.
Spesso pensiamo all’empatia come qualcosa d’impalpabile, quasi di magico. Addirittura, in alcune discipline, abbiamo tecniche per sviluppare l’empatia.
In realtà l’empatia è radicata nei nostri circuiti cerebrali (e quindi nei nostri comportamenti) ed è alla base del nostro essere animali sociali.
Le neuroscienze ci hanno fatto conoscere i “neuroni specchio”: l'individuo A compie un'azione volontaria e per questo nel suo cervello si attivano i circuiti neurologici che gli permettono di compiere l'azione stessa. Mettiamo che l'individuo B guardi e ascolti con attenzione A: ebbene, se in quel momento si sovrapponessero le mappe neurali di A e di B, si osserverebbe che i neuroni delle stesse zone cerebrali sono attivate.
Da quest’evidenza neurofisiologica possiamo derivare i comportamenti che sono alla base della cosiddetta “empatia cognitiva”. È quell’insieme di comportamenti che ci fa mettere nei panni dell’altra persona: comprendere le sue esperienze, le sue convinzioni, le sue paure e tutto quello che ha contribuito a formare il suo essere e la sua prospettiva sul mondo.
Basta con le etichette!
Gianni è lunatico. Elisa è scostante. Alberto non sa farsi valere. Barbara è intelligente. Andrea è sempre sorridente…
Gli esseri umani tendono ad affibbiare etichette alle persone, congelandoli in definizioni che hanno la pretesa di essere pervasive e permanenti. In questo modo alimentiamo un auto-inganno, credendo di semplificarci le decisioni e la vita.
Un individuo “estrospettivo” vuole ed è in grado di andare oltre le etichette imposte dai pregiudizi, grazie ad una vera e genuina curiosità nei confronti del genere umano.
Grazie a questa curiosità, le persone estrospettive tendono a essere dei buoni ascoltatori, a entrare facilmente e con sensibilità in relazione con chiunque, anche con chi hanno conosciuto da poco tempo. Inoltre riescono a intrattenere delle relazioni basate su un dialogo, in cui ci si scambia reciprocamente informazioni e sensazioni, aprendosi all’altro e mostrando quindi la propria vulnerabilità di essere umano.
Quando due persone comunicano a livello profondo, generano un’atmosfera di reciproca influenza, creano un “clima” che si modifica a secondo dell’andamento della comunicazione stessa. Alimentando la capacità di ascoltare il mondo dell’altro, di condividere e di accettare la sua percezione del mondo, si genera un reciproco affidamento e, alla fine, fiducia.
È per questo che conviene capire chi è tutta questa gente che ci sta intorno, e per farlo abbiamo bisogno della dote dell’ascolto. Penso che un “vero ascolto” sia la base per creare un impatto sociale positivo.
Non solo orecchie
Quando parliamo di ascolto, non ci riferiamo alla mera attività del senso dell’udito, ma intendiamo un’attività ben più articolata. Questa implica un insieme di tecniche ma soprattutto di atteggiamenti che fanno sentire l’interlocutore veramente compreso e accettato. Grazie a queste qualità, la comunicazione si svolge in un clima in cui l’altro si sente valorizzato e disposto a comunicare.
Le stesse qualità permettono di andare ben oltre il solo significato delle parole, anzi ci permettono di comprendere i veri stati d’animo di chi parla con noi. Una volta compresi, abbiamo i giusti riferimenti per interagire efficacemente, contenendo i comportamenti non funzionali e incoraggiando quelli che invece lo sono, sia negli altri sia in noi stessi.
Ascoltare attivamente significa capire le emozioni che stanno dietro alcune frasi; significa dedicare un’attenzione reale e sincera agli altri, accettando i loro punti di vista e la loro logica (per quanto lontana dalla nostra), dimostrando il nostro interesse in tutti i modi possibili. Saper cogliere tutto questo ci permette di approfondire i veri motivi oltre le parole e le emozioni degli altri.
Conclusioni
L’ascolto è una dote che può veramente favorire un ambiente e un clima personale migliore, in tutte le nostre relazioni significative.
Suggeriamo di tenere in grande considerazione quello che possiamo fare diventando più estrospettivi, aprendoci agli altri. Il costo personale e sociale della relativa incapacità di gestire le proprie relazioni è elevatissimo e può generare una certa sofferenza psicologica, prodotta dai conflitti, dalle incomprensioni, dal non sentirsi sufficientemente valorizzati.
Non sosteniamo che sia subito facile aprirsi agli altri. Non lo è per nessuno, siamo onesti, nemmeno per me. Chiaramente c’è bisogno di una certa dose di coraggio. D'altronde è anche vero che niente è facile da subito, e ogni cosa che nella vita abbiamo imparato a fare bene è il frutto di due parti: essere disposti a mettersi alla prova e la volontà di fare.
Nel
prossimo post elencheremo alcuni esercizi per sviluppare la capacità di ascolto.
Essere estrospettivi è un valore aggiunto: vuol dire essere capaci a entrare in una relazione generativa praticamente con chiunque. E questo è certamente un valore enorme alla nostra vita e a quella di chi ci sta intorno, sia nella sfera professionale sia in quella personale.